28 Oct 2014

Lo sportivo

Esperienze

Due passioni certe, la Roma e lo sport. Il capo dello sport italiano, 55 anni appena compiuti, laurea in Economia e Commercio, è un imprenditore di successo con un passato agonistico nel calcetto. Una passione antica, dunque, che l’ha portato nel ’97 al vertice del Circolo Canottieri Aniene, che sotto la sua presidenza ha fatto shopping di atleti portando sulle rive del fiume di casa campionesse come Federica Pellegrini, Josefa Idem e Alessandra Sensini. Poi gli Internazionali di tennis, i mondiali di nuoto nel 2009 e infine il grande salto al vertice del CONI.

Presidente, è passato un anno dal suo insediamento, facciamo un bilancio generale: come ha trovato lo stato di salute dello sport italiano e quali traguardi ha raggiunto in questi mesi?

“Lo sport ha sempre rappresentato una delle facce belle del nostro Paese. Ho trovato un sistema collaudato, che rispondeva a una certa logica, mi ero candidato perché ritenevo fosse necessario aggredire i problemi, favorire il ricambio generazionale, innovare il nostro modello e mantenerlo competitivo. E’ iniziato un processo che ha come obiettivo quello di modernizzare, trasformare e favorire l’evoluzione del CONI. Sono soddisfatto dell’entusiasmo percepito, dalle risposte ottenute dalla base e dal territorio, che rappresentano l’architrave del nostro sistema. Sono arrivati segnali importanti, come la riforma della giustizia sportiva, l’approvazione della legge sull’impiantistica portata avanti con il Governo, la certezza del finanziamento fino al termine del mio mandato. L’obiettivo diventa creare un’interazione trail mondo della scuola e quello dello sport, portare la vera attività agonistica nelle primarie, e ottenere fonti aggiuntive dal merchandising e dal lancio del nuovo logo CONI”.

Nel 2000 il Consiglio Europeo, nel Trattato di Nizza, raccomanda alla Comunità di tener conto delle sue funzioni sociali, educative e culturali, nell’integrazione sociale, nell’etica e nella salute. Crede che le linee guida siano state rispettate?

“Credo fortemente nello sport come strumento di crescita, per la sua spinta propulsiva capace di rappresentare un motivo di sviluppo per il Paese. I suoi innegabili benefìci si riflettono a ogni livello,è sufficiente pensare che abbassare il tasso di sedentarietà di un punto percentuale permetterebbe al Paese di risparmiare 200 milioni di spese sanitarie. Sport vuole dire aggregazione, condivisione, ma anche rispetto dell’avversario, lealtà, fair play. Aiuta ad annullare le distanze, a superare le diversità, ad affrancarsi da ogni tipo di pregiudizio. A diventare una persona migliore. E’ una grande risorsa capace ritrasmettere valori autentici.

Lei è appena tornato da Sochi. La prima manifestazione olimpica in Russia, allestita con un investimento di oltre 50 miliardi di dollari. Lei che bilancio ne dà?

“Le risorse economiche investite nella manifestazione costituiscono certamente un elemento discriminante per intuire l’impegno profuso nella realizzazione e nell’allestimento dei siti di gara. L’organizzazione è stata all’altezza dell’evento, ha garantito elevati standard di sicurezza. L’anello olimpico prevedeva controlli all’ingresso e all’uscita dagli impianti, una novità assoluta, le strutture erano belle ma soprattutto funzionali. Mi sembra che la diffidenza iniziale si sia trasformata durante i Giochi in un crescendo di consensi da parte di tutte le delegazioni”.

L’Italia ha portato a casa otto medaglie. Un bottino che a prima vista potrebbe non soddisfare, ma getta il seme per risultati futuri.

“Premetto che lo stato di salute di un Paese non si può misurare con la posizione nel medagliere. Partivamo dai risultati di Vancouver, da 5 podi e un bilancio non certo positivo, che di fatto è stato migliorato, perché tutti i numeri vanno interpretati, letti in prospettiva, e in quest’ottica sono emersi elementi incoraggianti in vista del futuro,i 58 finalisti sui 110 azzurri presenti in Russia – miglior dato di sempre nella storia – e l’età media dei medagliati (25,31), la più bassa di sempre nelle edizioni dei Giochi in cui abbiamo conquistato più di 5 podi. Le 8 perle di Sochi sono state ottenute da una squadra molto giovane, che lascia ben sperare in vista del 2018.

Torniamo a casa nostra. I mondiali di volley femminile sono il prossimo grande appuntamento. A che punto è la macchina organizzativa? Quali risultati ci dobbiamo aspettare dal punto di vista sportivo?

“Lo sport italiano deve dimostrare di essere in grado di organizzare grandi eventi internazionali che possano dare lustro al Paese. L’importante è affidarsi al buon senso nel portare avanti sia la candidatura sia l’organizzazione, come nel caso dei mondiali di pallavolo femminili. Sono sicuro che sarà un’edizione che non dimenticheremo, l’Italia farà bella figura. Per quanto riguarda l’aspetto agonistico c’è grande attesa dopo il ritorno di Bonitta sulla panchina, è sinonimo di capacità e di competitività. Ci tengo però a precisare che ottenere vittorie è certamente lusinghiero ma la cosa più importante è radicare una nuova mentalità, investire e puntare sui giovani, costruire per essere protagonisti nel tempo”.

Il crescente successo delle accademie sportive all’interno del Forte Village dimostra che la formula è indovinata. Da presidente del Coni, qual è il suo giudizio su questo binomio?

“Ogni appassionato sogna di praticare sport a contatto con i personaggi più rappresentativi della disciplina preferita. Il concetto di accademia sublima l’essenza del concetto, perché mette al servizio della gente i simboli, gli ex campioni, gli allenatori più qualificati. Coniuga l’aspetto didattico, dall’alto contenuto tecnico, con quello ludico, grazie a una visione dinamica che consente la scoperta di nuovi orizzonti di gioco. E’ un metodo incisivo e originale, lascia un segno tangibile, non è un momento fine a sé stesso. Si tratta di un’iniziativa meritoria, un valore aggiunto, che rende ancora più stimolante la vacanza”.

Intervista di Luciano Tancredi