28 Oct 2014

Meglio dello Champagne?

Chef Gourmet

Luciano Tancredi: Presidente Zanella, ci spiega su quali basi poggia questa sua convinzione?

Maurizio Zanella: Chiariamo che non si parla di dimensioni o notorietà, una sfida perora impossibile, ma soltanto di qualità. Pur trattandosi di tipologie diverse, sono convinto che il livello medio di qualità del nostro Franciacorta sia migliore.

Luciano Tancredi: Beh, ne siamo convinti anche noi, profondi ammiratori delle sue “bollicine”…ma a lei questa definizione non piace, vero?

Maurizio Zanella: Vero. E c’è un motivo. La produzione nazionale si è affermata negli ultimi anni non solo per la qualità, ma anche perché abbiamo abolito tutte le diciture intorno alla denominazione, tipo spumante, metodo classico, etc. Il successo di Franciacorta nasce anche da questo: il territorio ha vinto sul metodo. Come per il Brunello, il Bordeaux e tutti i vini di qualità del mondo.

Luciano Tancredi: Torniamo al Franciacorta. Erano gli inizi degli Anni Settanta quando lei cominciò a trasformare ‘una casa in un bosco di castagni’, così la definì, in quella che oggi è l’eccellenza delle cantine italiane, diventando lei stesso, con le sue idee artistiche e innovative un grande protagonista del rinascimento enologico italiano. Ci racconta come cominciò la favola?

Maurizio Zanella: Volentieri. Avevo quindici anni e in quegli anni a Milano c’era un movimento studentesco molto violento, del quale facevo parte. Anziché studiare, giocavo a far la guerra, tra fermi di polizia, scontri e casini vari. Finché mio padre non decise di fermare questa situazione e mi mandò in esilio proprio qui, in Franciacorta, aCa’ del Bosco, la fattoria che aveva acquistato da poco, tra polli, maiali e qualche vite,iscrivendomi a scuola a Iseo, poco lontano.

Luciano Tancredi: E scoppiò la passione.

Maurizio Zanella: Non subito. Galeotto fu un viaggio di studio, organizzato dalla Regione Lombardia, in Francia a conoscerei vini d’oltralpe. Confesso che del viaggio più che il vino mi attraevano gli ultimi due giorni di svago a Parigi. Invece fu un colpo di fulmine, per me unico ragazzo in mezzo a un gruppo di anziani vignaioli in giro perle aziende francesi. Tornai con la malattia,insomma. Mio padre la assecondò e un grande enologo, Luigi Veronelli, mi prese per mano e mi accompagnò nei primi passi.

Luciano Tancredi: Era giovanissimo.

Maurizio Zanella: Sì, e l’entusiasmo giovanile mi ha aiutato molto, oltre al fatto di non avere alle spalle una tradizione di famiglia nel campo. Questo mi ha aiutato a sbarazzarmi di tutti i vincoli che bloccavano il vino italiano. Si ricordi che solo qualche anno fa il vino per i nostri connazionali era un alimento e questo mortificava il prodotto. Anche per questi motivi mi è stato tutto sommato facile diventare uno dei protagonisti di quello che io chiamo il Rinascimento enologico italiano.

Luciano Tancredi: E’ la natura che decide. E’ lei ad indicare la via per trasformare il vino in arte. Ma è l’uomo, con il suo sapere, ad assecondarne il procedere. Questo è il senso del metodo Ca’ del Bosco: dalle “terme degli acini” all’uso sapiente del legno, fino alla marcatura univoca di ogni bottiglia per garantirne la tracciabilità. L’uomo, in questo caso, è lei. Qual è la filosofia che l’ha portata a ideare e perfezionare negli anni il suo metodo?

Maurizio Zanella: Quell’uomo ero io fino a quindici anni fa. Ora c’è un team fantastico con i responsabili di ogni settore che sono diventati più talebani di me. L’insoddisfazione regna perpetua e dunque ognuno cerca di fare del proprio meglio e poi di superarsi. Ora addirittura mi tocca frenarli ogni tanto, per quanto sono lanciati in quest’ansia di eccellenza.

Luciano Tancredi: Un’azienda a sua immagine e somiglianza. E ora anche un vino. Per celebrare la passione e la sapienza dell’uomo che l’ha inventata e portata al successo, infatti, Ca’ del Bosco ha da poco prodotto il primo vino che reca sull’etichetta il nome del suo autore, Maurizio Zanella. Quali sono le caratteristiche di questo vino che le assomigliano?

Maurizio Zanella: In realtà questo vino nasce trent’anni fa, la prima annata è il 1980. A quei tempi esisteva la Denominazione di origine controllata, ed era difficile proporre al pubblico un vino ottimo ma senza Doc come questo, a un prezzo tre volte superiore a quello dei Doc. Però la tendenza c’era a portarla avanti erano bottiglie come il Tignanello e il Sassicaia. Quindi decidemmo di farlo anche noi, ma al momento di inventarci il nome entrammo in crisi creativa. Fu un mio collaboratore ad avere l’idea: se gli stilisti firmano con il proprio nome, perché non può farlo un vignaiolo? Nacque così il primo vino “firmato” italiano.

Luciano Tancredi: Facciamo un passo indietro. Fu sua madre, Annamaria Clementi Zanella, a metà degli anni Sessanta a scegliere Erbusco per impiantare il primo vigneto, in quella che fu tra le prime regioni ad ottenere la Doc, nel 1967, riconoscendo con grande intuito e sapienza la naturale vocazione del territorio. Se Ca’ del Bosco fosse nata in un altro posto, sarebbe stata la stessa?

Maurizio Zanella: No, perché in questo posto ho trovato le condizioni ideali. E anche perché intorno a me non c’era nessuno, ero il primo. Diciamo che hanno giocato parecchio timing e location, mi sono trovato nel posto giusto al momento giusto.

Luciano Tancredi: Spesso le eccellenzesi cercano, si annusano e poi si sposano. E’ il caso della sua azienda e di Forte Village, due prodotti d’elite italiani. Su quale terreno si è celebrato questo matrimonio?

Maurizio Zanella: Guardi in questi giorni siamo presenti con uno stand al salone del mobile a Milano, ormai un punto di riferimento per il design di tutto il mondo. Lei mi dirà: che c’entra il design con il vino? E io le rispondo che siamo lì proprio perché credo che le eccellenze di un Paese si debbano sposare. Forte Village è una di queste, quindi il matrimonio era d’obbligo. Del resto facciamo anche parte di Altagamma,la fondazione che riunisce il meglio delle imprese italiane.

Luciano Tancredi: La clientela del Forte Village, selezionata e di target molto alto, ama prodotti di lusso e di eccellenza, anche nel bere. Le lanciamo una sfida: li convinca che il Franciacorta è meglio dello Champagne.

Maurizio Zanella: Sfida accettata. La clientela internazionale del Forte Village, e in particolar modo quella russa, molto attenta alla qualità e sempre rivolta all’eccellenza,si convincerà che in Italia si beve qualcosa di meglio di quello che i francesi fanno con l’uva…dico così perché quel prodotto non lo nominerò mai: perché devo fargli pubblicità?

Beh, avete capito il tipo?

Così è Maurizio Zanella.