La Sardegna è una terra dalla storia antichissima, ricca di leggende, feste e tradizioni lontane, magico punto d’incontro tra il passato e il presente, tra il sacro ed il profano.
La Vigilia di Natale, in campidanese si dice “Sa Notte ‘e Xena”, ovvero “La notte della Cena” perché il natale è soprattutto momento di unione e condivisione. Il focolare e la tavola, riccamente imbandita, diventano il cuore della festa. La tradizione vuole che sia un ceppo di legno, su truncu de xena, acceso nel camino e lasciato ardere fino all’epifania, a segnare i giorni di festa. I piatti sono preparati con largo anticipo: salumi, formaggio, l’immancabile agnello, il maialetto, il capretto, mille varietà di dolcetti e soprattutto di pane che un tempo venivano prodotti in diverse forme riccamente rifinite.
Dopo la cena prendono il via i giochi e le danze tipiche al suono delle launeddas e dell’organetto.
Ovviamente non può mancare, annunciata dai rintocchi della campana, la messa della mezzanotte “Sa Miss’è Pudda”, ovvero la “messa del primo canto del gallo”, così chiamata con un termine di probabile derivazione catalana. E sempre legato alla tradizione iberica, da segnalare il “Signum Judicii” o “canto della Sibilla” che ogni anno, dal ‘200 d. C. si perpetua nella Cattedrale di Alghero: si tratta di un canto che s’intona nella chiesa completamente buia prima dell’inizio della messa.
Il 25 è il giorno della “Paschixedda” ovvero della “piccola pasqua” da distinguersi con la “pasca manna”, la pasqua grande della Resurrezione. Anche in Sardegna, in questo giorno, vige la tradizione delle strenne di natale, il tipico scambio di doni per riconfermare amicizia ed affetto.
Per Capodanno, di probabile derivazione romana è la tradizione della “Sa Candelarìa. Come gli antichi erano usi ad offrire per la fine dell’anno, “calendae”, dei doni votivi così ancora in Sardegna c’è la consuetudine di offrire regali, soprattutto ai bambini anticipando l’Epifania.