Ha firmato campagne pubblicitarie indimenticabili. Ha creato e ricreato l’immagine della famiglia italiana. Ha lavorato per Richard Nixon e si è ispirato alla saggezza dei pastori sardi.
E’ un uomo dolcissimo, ma le sue caricature lasciano il segno. E poi ha viaggiato in tutto il mondo, ma è rimasto fedele al motto di William Butler Yeats: “Con la mente puoi vivere dove vuoi, con il cuore torni sempre a casa”. E la Sardegna è la casa di Gavino Sanna, classe 1940, nato nel quartiere più antico di Porto Torres, la città dei santi cristiani Gavino, Proto e Gianuario, martiri nel IV secolo. Dalla sua camera si vedeva il mare. E anche adesso che ha preso casa ad Alghero, Gavino Sanna guarda lo spettacolo del mare di Capo Caccia. Anzi, da bravo pubblicitario, lo “vende”. “Proprio così, vendo tramonti. Metto qualche poltrona sul terrazzo, pane carasau, un po’ di olio, i nostri meravigliosi formaggi, una bottiglia del mio vino, gli amici arrivano, il sole inizia a scendere, incendia le onde, entra negli occhi, nel cuore, e io lo vendo”.
Gavino Sanna ride – aveva raccontato così a una giornalista, e lei ci aveva creduto – ma è serissimo perché ha appena rivelato il segreto di una vita felice, intensa. Ascoltando le voci, i silenzi, gli odori, i sapori, i colori. Una vita remota. Freschissima. La sua vita. Allora è questa la bellezza della Sardegna? E’ così, la Sardegna ha una bellezza struggente, da mal d’Africa. Lo capisci subito di essere arrivato in una terra dove guidano i sensi.
Atterri a Cagliari, si apre il portellone dell’aereo e l’aria calda ti viene incontro, l’annusi, profuma di lentischio, di sale, di fiori. Ti travolge. Puoi stare in silenzio e sentirti felice. E un viaggio nelle sensazioni, nei sogni. Ti disintossica da tutto il superfluo di cui crediamo di aver bisogno. Che cosa vede, sente e sogna nel viaggio da Cagliari a Sant’Anna Arresi, nel cuore del Sulcis, dove è nata la sua splendida cantina di vini sardi, la Cantina Mesa? Posso fare un passo indietro? Posso iniziare questo viaggio dalla mia giovinezza? Frequentavo l’Istituto d’arte di Sassari, dove mi avevano iscritto i miei genitori, perché andavo male a scuola e invece con la matita in mano sono diventato bravissimo.
Bene, un giorno vedo i quadri di Filippo Figari, pittore sardo d’inizio ‘900, straordinario. E scopro i suoi colori forti, veri. E scopro che il suo professore dell’Accademia d’arte in Germania, lo aveva preso in giro. “Ah Figari, carnevale!”. E invece Figari aveva dipinto una Sardegna michelangiolesca, accecante nella sua intensità, perché la Sardegna è così, una forza della natura. Potentissima. E allora ecco il primo suggerimento per chi viaggia: guardare i colori, i blu, gli azzurri, i viola del mare, le infinte sfumature delle saline, dal rosa al porpora, e poi il rosso degli oleandri, i verdi infiniti, dagli ulivi alle grandi foglie di agave, alle chiome generose dei pini marittimi, e ancora il nero dei tronchi, le pietre, la sabbia, il cielo, e il cielo meriterebbe un intero capitolo.
E se vogliamo vedere tutto questo in unico colpo d’occhio, allora prendiamo un meraviglioso tappeto di Nule. A cosa penso? A un quadro di Jackson Pollock. Eppure lei ha scelto il bianco e nero per la facciata della sua cantina. Perché? Volevo riprodurre i nostri nuraghi, con le mura immense e le finestrelle piccoline per spiare il nemico. Volevo ritrovare la Sardegna che amo di più, una Sardegna austera, orgogliosa, dura anche, in bianco e nero, bianca come il copricapo tradizionale delle donne, nera come le giacche di velluto degli uomini. Uomini e donne, giorno e notte, durezza di pietra e dolcezza di miele di corbezzolo. Torniamo sempre lì, a una terra antichissima dove le cose sono vere, primigenie, cosmiche. Anche i nomi dei suoi vini sembrano usciti da una favola antichissima.
Il rosso “Buio buio”, per esempio, sembra l’inizio di un mito, di una tragedia classica. Il vino è una delle nostre ricchezze e penso allo splendore del Carignano, un rosso nobile, mediterraneo, passionale. Per lui ho disegnato una bottiglia nera, come le donne che la mattina vestite di nero vanno alla messa. E ho voluto un’etichetta piccola perché le donne parlano sottovoce. E i bianchi, una favola anche lì? Il nostro Vermentino, altro caposaldo della Sardegna, si chiama “Giunco”. Il giunco è un materiale povero, ma nelle mani degli artigiani sardi diventa più prezioso dell’oro. La Sardegna, insomma, è la materia prima per ritornare a essere autentici, quindi felici? Qualche tempo fa, da pubblicitario, avevo creato questo slogan per la mia terra: “Al primo sintomo di raffreddore, andate in Sardegna”. Ecco, la Sardegna è l’antidoto, il rimedio, l’elisir, l’aspirina, la formula magica per curare tutto. Ed essere tutto. Anche un venditore di tramonti